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Ferrè Milano

FERRE': L’ARCHITETTO DELLA MODA

Lo stile di Gianfranco Ferré è una sintesi di eleganza, una perfetta unione tra valori e innovazione.

La moda come logica e sogno: un “mantra” per lo stilista, curioso e profondamente devoto al proprio lavoro, attratto da una continua ricerca sperimentale.

Le sue creazioni, dalla sapiente lavorazione artigianale e sartoriale, rappresentavano l’esatto equilibrio tra design, arte, di cui Ferré era gran sostenitore, e cultura.

Nato a Legnano (Mi) nel 1944, Gianfranco Ferré studia architettura al Politecnico di Milano, e sarà uno dei protagonisti del made in Italy che dalla fine degli anni Settanta rappresenterà la bandiera dello stile italiano nel mondo. Con il suo metodo analitico a cui aggiungeva il suo amore per l’arte, ha saputo lasciare il segno della sua cifra stilistica con i capi spalla strutturati, i tagli perfetti e sorprendenti dei suoi abiti: un concentrato di lusso fatto di sartoriali e ricerca di materiali, che impronteranno tutta la sua carriera. Dai suoi viaggi in India comprese il senso del colore e dell’eleganza guardando le donne che, avvolte da coloratissimi sari, sembravano contornate da una misteriosa aurea di regalità.

Dopo varie esperienze come designer di accessori per Albini e Christiane Baily, nel 1978 con Franco Mattioli fondò la Gianfranco Ferré.

Sempre nello stesso anno andò in scena la prima collezione di prêt-à-porter femminile, cui seguì quella maschile dopo quattro anni. Lo stilista era per la moda un discepolo, la moda per lui una religione, fatta di ragione ed emozioni.
Fil rouge del suo lavoro era l’abito frutto di una complessa elaborazione di semplici forme, una concezione che aveva assimilato dagli origami giapponesi.

Così prese vita la camicia bianca da donna, mutuata alla quotidianità maschile ma tradotta in qualcosa di sensuale e sofisticato.

Grande dote di Ferré è la capacità di inventare la materia: la seta tra le sue mani era corpo, lo chiffon stropicciato un tutt’uno con la pelle. Il nylon nobilitato veniva usato per il tailleur sartoriale, mentre il classico cammello diventava perfino fodera per un trench militare. Ancora, le tuniche asimmetriche si intarsiavano di cuoio e la rafia si univa al cachemire.

Una maestria che si coglieva negli accostamenti di materiali inusitati e quasi contrapposti tra loro, che permettevano all’architetto della moda di realizzare le sue “costruzioni”. I suoi abiti della collezione ai-92/93 sembrano usciti dalla Cina di Lanterne Rosse: un vestito rosso lacca illuminato da ricami d’oro o un cheongsam in broccato damascato.

I suoi gioielli erano espressione di opulenza moderna, grazie all’accostamento di materia povera a pregiata. Dopo un intermezzo durato dal 1989 al 1997 presso la maison Dior, chiamato da Bernard Arnault suscitando le critiche sciovinistiche dei francesi, Gianfranco Ferré torna ad occuparsi della sua griffe, che guiderà fino al trasferimento nella nuova sede a Milano e al consolidamento del successo internazionale.

Lo stilista muore nel 2007 dopo una lunga malattia e la sfilata successiva viene chiusa da una carrellata di camicie bianche.